
MEDEA DEGLI STRACCI
MEDEA DEGLI STRACCI
da Medea di Euripide (431 a.C.) e di Pierre Corneille (1635)
Drammaturgia e regia di Valentina Ferrara
Personaggi Interpreti
Medea, moglie di Giasone Carlotta Schneck
Giasone, eroe degli Argonauti, marito di Medea Kevin Munaro
Le figlie di Medea e Giasone Regina Maria Barcaro, Nicole Scotton
Nerina, serva di Medea Daniela Calvene
Glauce, figlia di Creonte, principessa di Corinto Arianna Guglielmi
Creonte, Re di Corinto Daniele Berardi
Cleonice, ancella di Glauce Giovanna Donnagemma
Coro delle donne di Corinto Silvia Scarabello, Maria Teresa Totti
Disegno luci Sergio Baldin
Assistente di scena Federica Omenetto
Coreografie Manuel Bendoni
Fotografie Oscar Pirazzo
Musiche dal melodramma Médée di Luigi Cherubini del 1797 (libretto di François-Benoît Hoffmann tradotto da Carlo Zagarini)
Medea è una donna straniera, un tempo molto potente: ha abbandonato la terra e la famiglia d’origine per seguire Giasone, e per aiutarlo a compiere le sue imprese ha usato ogni mezzo macchiandosi di molte colpe. Rifugiati a Corinto, i due vivono da tempo con l’appoggio del Potere fino a quando il re Creonte non acconsente alle nozze della principessa Glauce con Giasone, incurante del fatto che egli abbia già moglie e figli. Medea, presenza già scomoda, non è più tollerata e viene esiliata: ma non si piega alla logica del potere e ripercorre ossessivamente il trauma dell’abbandono, coltivando un violento desiderio di vendetta. Un carattere fierissimo e un orgoglio fuori del comune la condurranno, con consapevolezza, ad un epilogo terribile ed ineluttabile.
“Se c’è un tempo in cui il teatro greco deve essere presente, e presente come teatro, esso è questo che stiamo attraversando.” (Carlo Diano, Opere, Bompiani, 2022)
L’allestimento si ispira all’installazione di Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci (1967): una riproduzione in cemento di una statua neoclassica si erge davanti ad un cumulo di indumenti dismessi, in un dialogo drammatico tra passato e presente, ideale e reale. Ecco la bellissima Medea, scartata come una scarpa vecchia, che guarda a cosa le resta: l’abito, anzi un intero guardaroba, sontuoso, colorato, espressione della sua irrefrenabile vitalità e sensualità, anche oggi, dove un mondo cupo e borghese la schiaccia e la esclude, perché diversa. Nella spirale dell’abbandono e della perdita dello status quo, tutto diventa caos e si riduce a scarto, cencio molle. L’abito è centrale in Medea tanto per Euripide che per Pierre Corneille. In quest’ultimo, da dono di nozze si trasforma in oggetto feticistico. Non vi è nulla di strano nel fatto che la principessa di Corinto “provi per la sua rivale Medea una vera fascinazione invidiosa e predatrice: ella vuole il suo prestigioso amante, ne vuole i figli e ne vuole infine la sua veste solare”, come una donna ordinaria “può sognare avidamente e scioccamente di indossare ciò di cui non potrà che essere eternamente sprovvista”, l’inaccessibile glamour della femme fatale (Marc Fumaroli, “Mélpomène au miroir: la tragedie comme héroine dand Médée et Phèdre”, Saggi e Ricerche di Letteratura francese, vol. 19, Bulzoni editore, Roma, 1980, p. 187).
Valentina Ferrara
APERTURA BIGLIETTERIA DAL 1' SETTEMBRE